"il Garden.

50 anni di amore a forma di giardino"

© 2014 Maurizio Corraini s.r.l.
Testi a cura di: Paolo Polettini

Il racconto qui riportato sono stralci tratti dal libro "il Garden. 50 anni di amore a forma di giardino", realizzato nel 2014 in occasione dell'anniversario dei 50 anni dell'hotel.

Il libro è stato scritto da Paolo partendo dai racconti di Aldo, Luca, Clara e Stefano; vuole essere un racconto della storia, del vissuto e della passione che dal 1964 ci spinge di anno in anno a proseguire questo cammino...

A chi è già stato nostro ospite, ma soprattutto a chi non ci conosce, ci auguriamo di trasmettere quello che per noi è "il Garden".

Buona lettura.

"il Garden.

50 anni di amore a forma di giardino"

© 2014 Maurizio Corraini s.r.l.
Testi a cura di: Paolo Polettini

Il racconto qui riportato è tratto dal libro "il Garden. 50 anni di amore a forma di giardino", realizzato nel 2014 in occasione dell'anniversario dei 50 anni dell'hotel.

Il libro è stato realizzato partendo dai racconti di Aldo, Luca, Clara e Stefano; vuole essere un racconto della storia, del vissuto e della passione che dal 1964 ci spinge di anno in anno a proseguire questo cammino...

A chi è già stato nostro ospite, ma soprattutto a chi non ci conosce, ci auguriamo di trasmettere quello che per noi è "il Garden".

Buona lettura.

 

Il Garden è un albergo sceso dalle montagne.

Con tappe di avvicinamento è approdato su quella riva di San Felice del Benaco che fronteggia Salò e sembra lanciare una sfida attraverso quel curioso braccio di lago che si insinua nella terra.

Nel Garden c’è la storia di tre generazioni, una storia curiosa e anche divertente, che vede un alpino e sua moglie costruire una impresa di ospitalità sulla riva di un lago in cui non ha mai fatto il bagno.

Nel Garden c’è anche un po’ la storia del Garda di questi decenni, delle intuizioni di una bella famiglia che costruisce un luogo di sentimenti, di relazioni calde e sincere. C’è anche un esempio di impresa che comprende nei suoi bilanci non solo le voci di entrata e di uscita, ma anche l’affetto, la riconoscenza e la soddisfazione dei suoi clienti.

Dietro, dentro il Garden, c’è una famiglia unita che assicura continuità con uno stile italiano di autentica condivisione.

Nel Garden c’è anche voglia di futuro, fiducia nei cambiamenti che si stanno verificando e che verranno con la giovane generazione.

Il Garden è un giardino di profumi che avvolge ed inebria, un luogo dove si sperimenta la dolcezza del vivere. Ma soprattutto il Garden è un incrocio di storie di amore e di amicizia.

E i suoi ospiti lo sanno.

Il Garden è un albergo sceso dalle montagne.

Con tappe di avvicinamento è approdato su quella riva di San Felice del Benaco che fronteggia Salò e sembra lanciare una sfida attraverso quel curioso braccio di lago che si insinua nella terra.

Nel Garden c’è la storia di tre generazioni, una storia curiosa e anche divertente, che vede un alpino e sua moglie costruire una impresa di ospitalità sulla riva di un lago in cui non ha mai fatto il bagno.

Nel Garden c’è anche un po’ la storia del Garda di questi decenni, delle intuizioni di una bella famiglia che costruisce un luogo di sentimenti, di relazioni calde e sincere. C’è anche un esempio di impresa che comprende nei suoi bilanci non solo le voci di entrata e di uscita, ma anche l’affetto, la riconoscenza e la soddisfazione dei suoi clienti.

Dietro, dentro il Garden, c’è una famiglia unita che assicura continuità con uno stile italiano di autentica condivisione.

Nel Garden c’è anche voglia di futuro, fiducia nei cambiamenti che si stanno verificando e che verranno con la giovane generazione.

Il Garden è un giardino di profumi che avvolge ed inebria, un luogo dove si sperimenta la dolcezza del vivere. Ma soprattutto il Garden è un incrocio di storie di amore e di amicizia.

E i suoi ospiti lo sanno.

Tre generazioni si incrociano

Abbiamo ricevuto dalla nostra famiglia [...]
le idee di cui viviamo.

M.Proust

Da sinistra: Clara ("la" Chef), Marco, Stefano (Marketing), Aldo (Fondatore) e Luca (il Direttore).

L’identità del Garden si misura sui 50 anni per tre generazioni. Approcci diversi che, insieme, costruiscono un’anima, una filosofia.

Non sono solo periodi diversi, intesi come congiunture economiche, politiche turistiche, disponibilità di risorse. Sono proprio caratteri diversi che si compenetrano e costruiscono il clima dell’hotel, l’atmosfera che si respira soggiornando al Garden.

La prima generazione sono Aldo e Luciana, montanari da sempre, duri e instancabili, determinati.

Più rigido lui, attaccato alle sue tradizioni, alla sua valle, alla sua gente ed ai suoi valori. Più flessibile lei, aperta al mondo, riflessiva come un’insegnante deve essere. Ma entrambi coraggiosi e “stranieri” in terra di Salò, nel costruire un’impresa su una riva che nessuno voleva, a cui pochi davano credito.

La seconda generazione sono Luca e Clara, fantasia e dedizione, una coppia che si immerge nel dovere della continuità, che si fa spazio con l’ intelligenza dell’innovazione ben temperata, che capisce e valorizza l’originale avventura dei genitori/suoceri.

Il Garden attuale è un misto di due approcci, una impostazione pionieristica arricchita da preziose e coerenti novità e dalla simpatia e dolcezza di Luca e Clara.

Poi c’è il futuro che opera già con Stefano e chissà? con il giovane Marco.

Con la terza generazione c’è lo studio e la comparazione di esperienze, c’è la capacità di analisi e di visione, c’è la disponibilità di una tradizione familiare forte, c’è la consapevolezza di come possono richiedere cambiamenti i fattori esterni che influenzano l’attività di ospitalità in un contesto preciso. Insomma, c’è un approccio strutturato che potrà innestarsi sull’impronta familiare, ma non negherà mai il clima caldo dell’amicizia che da 50 anni caratterizza il rapporto tra il Garden ed i suoi clienti/amici.

Perché, se è vero che tre generazioni si ritrovano ad amministrare/gestire l’albergo, sono ormai tre le generazioni di clienti che lo frequentano e che si succedono su questa riva.

I clienti che hanno seguito Aldo e Luciana da Torbole a Salò sono gli stessi che hanno portato i loro figli ed i loro nipoti alle cure di Luca e Clara e ora anche di Stefano.

Tre generazioni di gestori e di clienti si incrociano in una continuità originale, che fa di un’impresa familiare un luogo di amicizia.

Aldo, montanaro per sempre

Non è Salò e nemmeno il profilo dei monti che incorniciano il lago quello che Aldo guarda dalla sua poltrona in riva. L’acqua non gli è mai interessata. Non ha mai fatto un bagno nel lago! Mai andato in battello! Eppure 50 anni fa si è innamorato di questo posto e non lo ha mai tradito. Anzi, lo ha rivisitato con la cura di un padre, per la sua famiglia, e di un ospite per la famiglia allargata dei clienti, che lui insiste a chiamare amici. E gli amici sono quelli che prendono il sole, adesso, sulla riva di un lago calmo, sotto gli occhi di Aldo che gode della loro felicità.

La storia di Aldo è lunga 91 anni, avventurosa e coraggiosa, come solo un uomo di montagna può sopportare.

Comincia con il padre, ai primi del ’900 e con 30 cavalli e carrozze, traino 4 e traino 6, ad andar giù per la Val di Sole e la Val di Non, a fare servizio postale con Mezzolombardo. Dopo la guerra, invece, di trenta cavalli gli austriaci ne risarciscono solo uno, e con quello non si campa. Allora ecco che il conduttore di cavalli si trasforma per necessità in albergatore, con l’albergo Aurora, in val di Pejo.

Aldo cresce tra Malè e Pejo, respira l’aria dell’ospitalità e quella delle montagne. Fa la guida alpina, il maestro di sci, ma lo studio, la scuola, proprio non sono il suo pane. Il padre lo manda a Torino, alla scuola alberghiera, per un anno ad imparare le basi e poi ancora sei mesi a fare esperienza in sette alberghi: cuoco, cameriere, facchino, portiere: c’è un po’ tutta l’attività di un albergo nella formazione di Aldo.

Pensate poi alla steppa gelata della Russia del 1943, ad una guerra impossibile per conquistare il freddo e il nulla. Ed eccolo Aldo, a 19 anni, alpino del Battaglione L’Aquila della Terza Divisione Julia, destinato al Montenegro e dirottato in Russia. Si ritrova a combattere un nemico mai visto, con la voglia uguale di fare il proprio dovere e di tornare a casa.

Adesso queste storie di guerra lui le racconta con il sorriso sulle labbra. Adesso è facile raccontare, ma vengono i brividi solo a pensare alle notti buie, con la paura di essere presi, la fame, la stanchezza.

Non è difficile allora pensare al coraggio di una avventura imprenditoriale, al lasciare il lavoro di famiglia a Malè, e seguire i buoni consigli della moglie Luciana ed iniziare una nuova vita sul lago.

Certo, qualche esperienza c’era già. La vocazione familiare dell’ospitalità era già stata sperimentata con l’albergo Aurora a Pejo, della famiglia dal 1918. Gli studi a Torino alla Scuola Alberghiera e il tirocinio in sette alberghi lo convincono che quella è la sua strada.

Vicino a Torbole, riva trentina, la prima esperienza. Un bell’albergo in affitto in riva al lago, per otto anni a costruire quella clientela che resterà in gran parte sempre fedele agli Zorzi ed al loro modo di fare albergo, così caldo, così vicino al cliente, così empatico.

Poi l’avventura della proprietà, dapprima ricercata sulla sponda veronese, ma con soluzioni troppo lontane dalla riva, dall’acqua. Improvvisamente, nel loro girovagare, si imbattono nella riva dei pescatori di San Felice del Benaco ed è il colpo di fulmine in una giornata bella e serena. È il luogo ideale, i proprietari disposti a vendere, amici di banca a finanziare.

E poi c’è il profilo delle montagne, sopra la riva di Salò, che sembra essere stato disegnato apposta per ricordare la Val di Sole, dove la storia è iniziata.

Aldo, montanaro per sempre

Non è Salò e nemmeno il profilo dei monti che incorniciano il lago quello che Aldo guarda dalla sua poltrona in riva. L’acqua non gli è mai interessata. Non ha mai fatto un bagno nel lago! Mai andato in battello! Eppure 50 anni fa si è innamorato di questo posto e non lo ha mai tradito. Anzi, lo ha rivisitato con la cura di un padre, per la sua famiglia, e di un ospite per la famiglia allargata dei clienti, che lui insiste a chiamare amici. E gli amici sono quelli che prendono il sole, adesso, sulla riva di un lago calmo, sotto gli occhi di Aldo che gode della loro felicità.

La storia di Aldo è lunga 91 anni, avventurosa e coraggiosa, come solo un uomo di montagna può sopportare.

Comincia con il padre, ai primi del ’900 e con 30 cavalli e carrozze, traino 4 e traino 6, ad andar giù per la Val di Sole e la Val di Non, a fare servizio postale con Mezzolombardo. Dopo la guerra, invece, di trenta cavalli gli austriaci ne risarciscono solo uno, e con quello non si campa. Allora ecco che il conduttore di cavalli si trasforma per necessità in albergatore, con l’albergo Aurora, in val di Pejo.

Certo, qualche esperienza c’era già. La vocazione familiare dell’ospitalità era già stata sperimentata con l’albergo Aurora a Pejo, della famiglia dal 1918. Gli studi a Torino alla Scuola Alberghiera e il tirocinio in sette alberghi lo convincono che quella è la sua strada.

Vicino a Torbole, riva trentina, la prima esperienza. Un bell’albergo in affitto in riva al lago, per otto anni a costruire quella clientela che resterà in gran parte sempre fedele agli Zorzi ed al loro modo di fare albergo, così caldo, così vicino al cliente, così empatico.

Poi l’avventura della proprietà, dapprima ricercata sulla sponda veronese, ma con soluzioni troppo lontane dalla riva, dall’acqua. Improvvisamente, nel loro girovagare, si imbattono nella riva dei pescatori di San Felice del Benaco ed è il colpo di fulmine in una giornata bella e serena. È il luogo ideale, i proprietari disposti a vendere, amici di banca a finanziare.

E poi c’è il profilo delle montagne, sopra la riva di Salò, che sembra essere stato disegnato apposta per ricordare la Val di Sole, dove la storia è iniziata.

Cammeo per Luciana

Luciana, moglie di Aldo e mamma di Luca non entra molto in questa storia perché ha lasciato i suoi cari ed il suo albergo nel 2008. Ma essa è ben presente nei racconti di tutti come la vera anima dell’atmosfera e dello stile del Garden come solo una donna intelligente può aver reso.

Ha trasferito nell’albergo e nei suoi ospiti lo stesso amore dedicato alla famiglia, come un tutt’uno indistinto di vita.

Se funziona la famiglia funziona anche la ditta.

Luciana

Cammeo per Luciana

Luciana, moglie di Aldo e mamma di Luca non entra molto in questa storia perché ha lasciato i suoi cari ed il suo albergo nel 2008. Ma essa è ben presente nei racconti di tutti come la vera anima dell’atmosfera e dello stile del Garden come solo una donna intelligente può aver reso.

Ha trasferito nell’albergo e nei suoi ospiti lo stesso amore dedicato alla famiglia, come un tutt’uno indistinto di vita.

Se funziona la famiglia funziona anche la ditta.

Luciana

Luca, un giardino di idee

Luca, classe 1956 è seconda generazione e continuità, intelligente interpretazione delle origini e della filosofia del Garden, senza la rinuncia ad un apporto personale fatto di simpatia, cortesia, attenzione fin nei minimi particolari al cliente. Poi è anche passione per la nautica, per il suo giardino e soprattutto per la famiglia.

Dei tre figli di Aldo e Luciana è quello che subentra nella gestione dell’albergo rinunciando anche al suo sogno di fare l’architetto, ma mettendo tutta la passione in un mondo in cui tecnica ed espressività vanno comunque ben d’accordo. Con Luca l’albergo si apre. Il suo carattere è più dolce di quello del papà, è tutto rivolto al cliente, ai suoi bisogni, è portato all’amicizia, ad un rapporto che va ben al di là di un semplice servizio alberghiero. Con lui si instaura un rapporto duraturo, una conferma del carattere familiare dell’albergo, che si trascina generazioni di clienti da ormai 50 anni. E con alcuni di loro si tratta di vera amicizia e reciprocità, che conducono molto spesso Luca e Clara in Germania, a continuare un rapporto in cui le relazioni sincere sono più forti dei contratti.

La cura del cliente è la filosofia dell’albergo e Luca la interpreta nel modo più radicale. Mi racconta che qualche volta è capitato che un cliente si sia sentito male ed abbia avuto bisogno di cure anche in ospedale.

Ecco allora scattare una partecipazione che va al di là della semplice telefonata al medico o al pronto soccorso. I clienti sono amici, non sono ospitati in un albergo, ma in un casa. Quindi si assistono, si sta con loro, si facilitano gli adempimenti burocratici, si fa da traduttori. Insomma, si tratta di una presa in carico totale, un atteggiamento che va oltre il professionale, che corrisponde non solo alla tradizione del Garden ma anche al carattere di Luca e che è esteso a tutta la famiglia.

Ed è così forte questa impostazione che le tante idee di questi anni, come allargare l’albergo, aprire il ristorante all’esterno, coprire la stagione invernale, alla fine sono state scartate per non snaturare l’anima del Garden.

Da sinistra: Luca, Marco, Stefano e Clara.

Luca, un giardino di idee

Luca, classe 1956 è seconda generazione e continuità, intelligente interpretazione delle origini e della filosofia del Garden, senza la rinuncia ad un apporto personale fatto di simpatia, cortesia, attenzione fin nei minimi particolari al cliente. Poi è anche passione per la nautica, per il suo giardino e soprattutto per la famiglia.

Dei tre figli di Aldo e Luciana è quello che subentra nella gestione dell’albergo rinunciando anche al suo sogno di fare l’architetto, ma mettendo tutta la passione in un mondo in cui tecnica ed espressività vanno comunque ben d’accordo. Con Luca l’albergo si apre. Il suo carattere è più dolce di quello del papà, è tutto rivolto al cliente, ai suoi bisogni, è portato all’amicizia, ad un rapporto che va ben al di là di un semplice servizio alberghiero. Con lui si instaura un rapporto duraturo, una conferma del carattere familiare dell’albergo, che si trascina generazioni di clienti da ormai 50 anni. E con alcuni di loro si tratta di vera amicizia e reciprocità, che conducono molto spesso Luca e Clara in Germania, a continuare un rapporto in cui le relazioni sincere sono più forti dei contratti.

Da sinistra: Luca, Marco, Stefano e Clara.

La cura del cliente è la filosofia dell’albergo e Luca la interpreta nel modo più radicale. Mi racconta che qualche volta è capitato che un cliente si sia sentito male ed abbia avuto bisogno di cure anche in ospedale.

Ecco allora scattare una partecipazione che va al di là della semplice telefonata al medico o al pronto soccorso. I clienti sono amici, non sono ospitati in un albergo, ma in un casa. Quindi si assistono, si sta con loro, si facilitano gli adempimenti burocratici, si fa da traduttori. Insomma, si tratta di una presa in carico totale, un atteggiamento che va oltre il professionale, che corrisponde non solo alla tradizione del Garden ma anche al carattere di Luca e che è esteso a tutta la famiglia.

Ed è così forte questa impostazione che le tante idee di questi anni, come allargare l’albergo, aprire il ristorante all’esterno, coprire la stagione invernale, alla fine sono state scartate per non snaturare l’anima del Garden.

Stefano: espressione e razionalità

Si affacciano all’hotel i figli di terza generazione. Il primo è Stefano, 26 anni, laurea in economia del turismo a Rimini e master a Milano. Il secondo è Marco, ancora troppo giovane, ma sta crescendo respirando l’aria dell’ospitalità.

Con Stefano c’è lo scarto della razionalità, di un approccio volutamente scientifico all’impresa, ed è giusto che si vogliano mettere a frutto gli anni di studio. Ma la volontà di fare bene i conti, di attrezzare di scientifico la gestione dell’attività alberghiera poggia comunque sull’irrinunciabile stile familiare, lo stile che Aldo, Luca e Clara hanno dato all’albergo.

La cura del cliente non si tocca, l’atmosfera calda è mantenuta, ma nuove idee si stanno affacciando sotto gli occhi benevoli e compiaciuti dei genitori che accolgono le riflessioni di Stefano come una naturale innovazione generazionale innestata sul solido impianto che ha fatto l’immagine del Garden di questi 50 anni.

Con Stefano voglio proporre il gioco dell’analisi SWOT, l’analisi che ragiona sui punti di forza e di debolezza, sulle minacce e sulle opportunità che interessano l’attività dell’albergo. Naturalmente in modo semplice, senza pretesa scientifica, ma con sufficiente attenzione verso le possibilità di cambiamento e di individuazione delle direzioni future.

Il punto di forza sono Luca e Clara, i genitori. Il loro modo di condurre l’albergo, le relazioni che intrattengono con i clienti, la cura delle attività di leisure, la cucina, il modo di porsi e di essere disponibili, la gentilezza naturale e non studiata, la sincerità della passione. Le stesse cose appaiono anche come punti di debolezza, se lo sguardo si fa severo e volge verso la razionalità di una di una impostazione che sempre ha privilegiato i rapporti umani e non i conti dell’oste, se il Garden è così tanto caratterizzato sullo stile delle persone che lo hanno condotto fin qui. Quindi ecco lo spazio per pensare ad un’analisi dei costi più accurata, ad una minima programmazione che non sacrifichi l’approccio familiare, ma che tenga controllate le risorse e gli investimenti.

Ad una immissione soft di razionalità che mantenga la tradizione e la rinsaldi con maggiori certezze.

Per quanto riguarda le minacce sono tutte di carattere “esterno” e riguardano preoccupazioni sulle politiche ambientali, sulla conservazione dell’ambiente che è contesto irrinunciabile per mantenere la buona immagine del lago e che costituisce una delle principali motivazioni che spingono i clienti a scegliere il Garda, Salò e l’albergo. Una politica non adeguata al lago, al preservarne le qualità che cittadini europei più attenti all’equilibrio ambientale apprezzano, sarebbe decisamente uno svantaggio competitivo difficilmente colmabile. Quindi, salvaguardare l’hotel nel suo contesto, con le potenzialità che avevano intuito Aldo e Luciana valorizzando l’ambiente che lo circonda e lo caratterizza. È un passo di conservazione necessario, un punto di partenza irrinunciabile, pena lo snaturamento dell’hotel e della sua immagine consolidata nel tempo.

Le opportunità che si potranno cogliere sono correlate alle attività che già segnano il Garden: il leisure, la nautica ed la relazione con il golf. Il futuro sarà la differenziazione della clientela e la specializzazione sulle attività tradizionali. Stefano ha idee chiare che si innestano perfettamente, modernamente, nell’impianto conosciuto del Garden: il giardino delle idee funziona e si fa innovazione nella tradizione.

Stefano: espressione e razionalità

Si affacciano all’hotel i figli di terza generazione. Il primo è Stefano, 26 anni, laurea in economia del turismo a Rimini e master a Milano. Il secondo è Marco, ancora troppo giovane, ma sta crescendo respirando l’aria dell’ospitalità.

Con Stefano c’è lo scarto della razionalità, di un approccio volutamente scientifico all’impresa, ed è giusto che si vogliano mettere a frutto gli anni di studio. Ma la volontà di fare bene i conti, di attrezzare di scientifico la gestione dell’attività alberghiera poggia comunque sull’irrinunciabile stile familiare, lo stile che Aldo, Luca e Clara hanno dato all’albergo.

La cura del cliente non si tocca, l’atmosfera calda è mantenuta, ma nuove idee si stanno affacciando sotto gli occhi benevoli e compiaciuti dei genitori che accolgono le riflessioni di Stefano come una naturale innovazione generazionale innestata sul solido impianto che ha fatto l’immagine del Garden di questi 50 anni.

Con Stefano voglio proporre il gioco dell’analisi SWOT, l’analisi che ragiona sui punti di forza e di debolezza, sulle minacce e sulle opportunità che interessano l’attività dell’albergo. Naturalmente in modo semplice, senza pretesa scientifica, ma con sufficiente attenzione verso le possibilità di cambiamento e di individuazione delle direzioni future.

Il punto di forza sono Luca e Clara, i genitori. Il loro modo di condurre l’albergo, le relazioni che intrattengono con i clienti, la cura delle attività di leisure, la cucina, il modo di porsi e di essere disponibili, la gentilezza naturale e non studiata, la sincerità della passione. Le stesse cose appaiono anche come punti di debolezza, se lo sguardo si fa severo e volge verso la razionalità di una di una impostazione che sempre ha privilegiato i rapporti umani e non i conti dell’oste, se il Garden è così tanto caratterizzato sullo stile delle persone che lo hanno condotto fin qui. Quindi ecco lo spazio per pensare ad un’analisi dei costi più accurata, ad una minima programmazione che non sacrifichi l’approccio familiare, ma che tenga controllate le risorse e gli investimenti.

Ad una immissione soft di razionalità che mantenga la tradizione e la rinsaldi con maggiori certezze.

Per quanto riguarda le minacce sono tutte di carattere “esterno” e riguardano preoccupazioni sulle politiche ambientali, sulla conservazione dell’ambiente che è contesto irrinunciabile per mantenere la buona immagine del lago e che costituisce una delle principali motivazioni che spingono i clienti a scegliere il Garda, Salò e l’albergo. Una politica non adeguata al lago, al preservarne le qualità che cittadini europei più attenti all’equilibrio ambientale apprezzano, sarebbe decisamente uno svantaggio competitivo difficilmente colmabile. Quindi, salvaguardare l’hotel nel suo contesto, con le potenzialità che avevano intuito Aldo e Luciana valorizzando l’ambiente che lo circonda e lo caratterizza. È un passo di conservazione necessario, un punto di partenza irrinunciabile, pena lo snaturamento dell’hotel e della sua immagine consolidata nel tempo.

Le opportunità che si potranno cogliere sono correlate alle attività che già segnano il Garden: il leisure, la nautica ed la relazione con il golf. Il futuro sarà la differenziazione della clientela e la specializzazione sulle attività tradizionali. Stefano ha idee chiare che si innestano perfettamente, modernamente, nell’impianto conosciuto del Garden: il giardino delle idee funziona e si fa innovazione nella tradizione.

Clara: una sovrana in cucina

A Clara piaceva fare la ragioniera, ma è stata portata via dal negozio di salumeria e torrefazione dei genitori dall’amore di Luca, per fare famiglia al Garden. Destinazione quasi obbligata la cucina, ambiente non sconosciuto, già praticato nella casa paterna, ma con dimensioni, ritmi, professionalità tutte nuove. Sì, Clara non si trovava affatto male a fare i conti in ufficio, ma poi la passione è arrivata, eccome, e ora è una “sovrana” nel senso che le donne spesso acquistano autorevolezza nel ricoprire una condizione amata, che insomma nelle donne c’è l’autorevolezza dell’amore. Soprattutto se intorno ci sono quattro uomini.

Ora è l’anima della cucina, che cede raramente, e solo quando ad Aldo è richiesto di fare il suo mitico baccalà. Lo era già nella sua famiglia di origine, madre altoatesina e padre mantovano: quando c’era bisogno si metteva ai fornelli a scodellare pietanze.

Poi, a scuola, ecco Luca: fidanzamento, matrimonio e albergo da gestire con la nuova famiglia. Le porte della cucina si aprono e piano piano Aldo e Luciana le lasciano i fornelli, quando vedono che la passione, lo stile, la competenza non mancano.

La cucina di Clara è un bell’equilibrio tra la famiglia gardesana ed una tranquilla ricerca di novità ben innestate nella tradizione familiare. Ci sono citazioni mantovane per l’origine del padre e sudtirolesi dal lato materno e per i contatti che ancora vivono con Castellaro Lagusello, le colline moreniche mantovane ed il Tirolo.

I clienti sono quasi costretti ad entrare nel mondo di Clara, almeno nei gusti e nella ricerca. Già in questo mondo di sapori la famiglia c’è, pienamente soddisfatta. E con gradualità gli ospiti entrano dalla porta principale nella cucina italiana, quella semplice e insieme complessa, povera e ricca, leggera e gustosa, della famiglia.

Tutto questo porta naturalmente a riconoscersi in alcuni maestri, e Clara cita Gualtiero Marchesi, in modo assolutamente appropriato, riconoscendogli il merito di aver portato gli elementi della cucina popolare e familiare italiana nell’impostazione dell’alta cucina internazionale.

Quindi c’è una cultura culinaria alle spalle e dei riferimenti di ricerca che consentono di presentare novità nel menù dei clienti che soggiornano a lungo e che hanno così il piacere di assaggiare pietanze differenziate.

La cucina di Clara è cucina di sapori, di salato più che di dolce, di terra più che di acqua. È cucina vicina, di territorio, di materie prime selezionate, di attenzione per i gusti dei clienti. È una cucina di identità che costringe lo straniero a farsi italiano.

Clara: una sovrana in cucina

A Clara piaceva fare la ragioniera, ma è stata portata via dal negozio di salumeria e torrefazione dei genitori dall’amore di Luca, per fare famiglia al Garden. Destinazione quasi obbligata la cucina, ambiente non sconosciuto, già praticato nella casa paterna, ma con dimensioni, ritmi, professionalità tutte nuove. Sì, Clara non si trovava affatto male a fare i conti in ufficio, ma poi la passione è arrivata, eccome, e ora è una “sovrana” nel senso che le donne spesso acquistano autorevolezza nel ricoprire una condizione amata, che insomma nelle donne c’è l’autorevolezza dell’amore. Soprattutto se intorno ci sono quattro uomini.

Ora è l’anima della cucina, che cede raramente, e solo quando ad Aldo è richiesto di fare il suo mitico baccalà. Lo era già nella sua famiglia di origine, madre altoatesina e padre mantovano: quando c’era bisogno si metteva ai fornelli a scodellare pietanze.

Poi, a scuola, ecco Luca: fidanzamento, matrimonio e albergo da gestire con la nuova famiglia. Le porte della cucina si aprono e piano piano Aldo e Luciana le lasciano i fornelli, quando vedono che la passione, lo stile, la competenza non mancano.

La cucina di Clara è un bell’equilibrio tra la famiglia gardesana ed una tranquilla ricerca di novità ben innestate nella tradizione familiare. Ci sono citazioni mantovane per l’origine del padre e sudtirolesi dal lato materno e per i contatti che ancora vivono con Castellaro Lagusello, le colline moreniche mantovane ed il Tirolo.

I clienti sono quasi costretti ad entrare nel mondo di Clara, almeno nei gusti e nella ricerca. Già in questo mondo di sapori la famiglia c’è, pienamente soddisfatta. E con gradualità gli ospiti entrano dalla porta principale nella cucina italiana, quella semplice e insieme complessa, povera e ricca, leggera e gustosa, della famiglia.

Tutto questo porta naturalmente a riconoscersi in alcuni maestri, e Clara cita Gualtiero Marchesi, in modo assolutamente appropriato, riconoscendogli il merito di aver portato gli elementi della cucina popolare e familiare italiana nell’impostazione dell’alta cucina internazionale.

Quindi c’è una cultura culinaria alle spalle e dei riferimenti di ricerca che consentono di presentare novità nel menù dei clienti che soggiornano a lungo e che hanno così il piacere di assaggiare pietanze differenziate.

La cucina di Clara è cucina di sapori, di salato più che di dolce, di terra più che di acqua. È cucina vicina, di territorio, di materie prime selezionate, di attenzione per i gusti dei clienti. È una cucina di identità che costringe lo straniero a farsi italiano.

...di sera

Le luci tardano a spegnersi sull’altra riva. Di qui, si sente ormai solo lo sciabordio dell’acqua e qualche lontana voce che si perde nelle ultime chiacchiere. Il monte di sopra Salò sembra una quinta che anticipa il panorama dell’indomani. Le luci nelle camere si spengono con lentezza. Si sentono gli ultimi rumori del disbrigo della cucina e la preparazione della sala per la colazione.

Il caldo della sera è promessa di un’altra bella giornata che avvolgerà gli ospiti di benessere e di famiglia.

La brezza si districa tra gli alberi del giardino e le ombre si fanno tremule.

La casa Zorzi si riposa e si prepara. Una comunità in un progetto condiviso.